Dopo dodici anni, la tradizione ha ripreso il suo corso. Papa Leone XIV ha scelto la storica residenza estiva di Castel Gandolfo per concedersi una pausa di riposo, dal 6 al 20 luglio, rianimando un’abitudine che era stata lasciata in sospeso con il pontificato di Papa Francesco. Una slow motion nel turbine di novità e di impegni, per ritrovare fiato e concentrazione. No, non è un ritiro per fuggire dalle responsabilità – quelle continuano – ma un modo per rimettere in sesto corpo e spirito e lavorare anche un po’ in pace.
La tradizione del “Vaticano d’estate”
Chi bazzica Castel Gandolfo sa bene che non si tratta di una vacanza qualunque. È un ritorno alle radici, a un passato di oltre quattro secoli in cui i pontefici hanno trovato rifugio dal caldo afoso di Roma, dal rumore della città, e soprattutto un ambiente dove ricaricare le batterie. D’altronde, già Urbano VIII, nel 1623, aveva fissato il precedente, facendo costruire una dimora privata a Castel Gandolfo per allontanarsi da Monte Cavallo, l’attuale Quirinale, in estate.
Quel clima di “Vaticano numero due”, come amava chiamarlo Giovanni Paolo II, è riapparso sulle rive del lago di Albano in queste ore. Sebbene il Palazzo Apostolico, quello vero, sia oggi un museo e non possa ospitare il Papa, Villa Barberini – storica dimora dei segretari di Stato – è stata pazientemente sistemata per accogliere Leone XIV.
Pio XI, Pio XII, Paolo VI e Benedetto XVI hanno respirato la stessa aria, tra giardini all’italiana, vicoli stretti del borgo, e la piscina semi coperta che risale addirittura a Giovanni Paolo II. Tutti hanno lasciato un pezzo di sé in quella residenza, che sebbene a oggi superi di gran lunga in estensione la Città del Vaticano, rimane un luogo intimo e familiare.
Eppure, non si può non notare come questa storica cornice rischi di diventare una cartolina un po’ troppo levigata, quasi un set di un progetto ecologico che promette bene ma che corre il pericolo – concreto – di travolgere, o peggio di cancellare, quella trama secolare di storia e spiritualità che rende Castel Gandolfo un unicum. Un “Borgo Laudato si’” non dovrebbe diventare un alibi per rimaneggiare troppo la storia, perché tradirebbe ciò che lo ha reso speciale per quattrocento anni.
Leone XIV tra le luci e le ombre della villeggiatura papale
Lontano dalla ressa quotidiana di Roma, Leone XIV è arrivato nel pomeriggio del 6 luglio accolto da una folla che intrecciava applausi, bandiere vaticane e perfino qualche gagliardetto giallorosso. Sì, quel simbolo della Roma che il Papa stesso ha più volte detto di apprezzare. Un dettaglio non da poco: tra un’udienza e l’altra con teste coronate – Mattarella e Meloni compresi – era come se la politica e la storia si fossero mosse in uno scenario parallelo.
Il Papa ha lasciato l’auto e ha percorso a piedi gli ultimi metri fino a Villa Barberini, un gesto semplice ma che dice molto. Un ricongiungimento con il popolo, uno scambio diretto, in tempi in cui le distanze, anche metaforiche, si allungano facilmente.
All’arrivo lo attendevano il sindaco Alberto De Angelis, il vescovo di Albano monsignor Vincenzo Viva e don Tadeusz Rozmus, il parroco motociclista – chicca locale che ha promesso di accogliere il Papa su due ruote. Se non è un segno di tempi nuovi, poco ci manca.
Il sindaco e il parroco: Castel Gandolfo pronta a rivivere con il Papa
Non si nasconde l’entusiasmo. “Speriamo che resti con la nostra gente”, ha detto il sindaco Alberto De Angelis. Una speranza che vuole tradursi in vicinanza, in visite alle scuole o agli ospedali. Un Pontefice che vuole respirare l’aria del borgo, non limitarvisi come ospite d’eccezione, ma diventare partecipe.
Don Taddeo, il parroco biker, racconta con voglia di scherzo ma anche con affetto vero: “I Papi sono sposati con Castel Gandolfo da 400 anni”. Quando parla di Papa Leone XIV gli occhi si illuminano: “È una storia che cambia, dopo 13 anni senza papa in questo borgo”.
E proprio questa “storia che cambia” dovrebbe farci riflettere. Non basta riaprire porte e finestre se dentro si rischia di mettere un vestito nuovo a un abito antico, uno di quelli che andrebbero piuttosto rispettati, non rimpiccioliti o sbiaditi in nome di mode passeggere. Castel Gandolfo non è un set da selfie “verde”, è un pezzo di identità che merita di restare tale, non un esperimento di ecologia a tutti i costi.
Il clima è di festa, con tante bandiere che sventolano e la gente che attende la messa del 13 luglio, che sarà celebrata proprio nella parrocchia di San Tommaso da Villanova, luogo di culto voluto da Bernini sotto il pontificato di Alessandro VII. Architettura barocca e spiritualità convergono in un angolo che ospiterà una celebrazione destinata a rimanere impressa.
Tra riposo e lavoro: il Papa e la sua prima enciclica
La villeggiatura non sarà solo relax. Leone XIV è noto per essere instancabile, come raccontano i suoi più stretti collaboratori e i confratelli agostiniani, quelli che lo conoscono meglio. Dopo sessanta giorni di pontificato intensi, ricchi di udienze, viaggi e riti Giubilari, il Papa si prende una pausa “con il fiato sul collo”.
Tra una partita a tennis – suo sport preferito da sempre – e un tuffo in piscina, come ai vecchi tempi di Giovanni Paolo II, Leone XIV sfrutterà questa tregua estiva per lavorare alla sua prima enciclica. Un testo fondamentale, di cui si stanno ancora definendo le linee guida e il filo conduttore.
Non è un punto da trascurare. Dietro l’apparente quiete delle ville pontificie, si nasconde la ruggine di chi porta sulle spalle il peso di milioni di fedeli e una responsabilità storica da non sminuire. E quindi il riposo si annuncia come un laboratorio di idee, solitudine costruttiva, meditazione in uno scenario da sogno.
Il ritorno alle Ville Pontificie si accompagna a un altro segnale: il Papa potrà muoversi – sempre che voglia – con due nuovi veicoli elettrici donati da un’azienda italiana. Composti e agili, questi mezzi personalizzati a mano rappresentano un mix intelligente di modernità e sostenibilità. Sono pensati per viaggi internazionali, facili da imbarcare negli aerei, ma soprattutto sono silenziosi, senza emissioni, a sottolineare un criterio che ha una sua logica in un’epoca di urgenza ecologica.
Sono simboli, certo, ma anche questi contano. Mentre la Chiesa ricorda con forza l’urgenza dell’ecologia integrale, non può non dimostrare di prenderla seriamente proprio nell’ordinario. Il rispetto dell’ambiente inizia dai piccoli gesti quotidiani: Leone XIV lo mostra senza necessità di proclami roboanti. Lo fa con fatti, sostanze, concretezza.
L’impegno spirituale e la proposta pastorale
Leone XIV non ha risparmiato parole dure ma necessarie durante l’Angelus domenicale a San Pietro, il suo ultimo prima della partenza. Non ha accettato cristiani “di etichetta”. Non vuole chi mette la fede come accessorio inutile, per far scena o per farsi vedere. Vuole discepoli innamorati, operai del Vangelo ogni giorno, per tutta la vita. Nessuna missione da spettatori.
Il suo messaggio è chiaro, un pugno ben assestato: la fede si misura nella testimonianza concreta, nel portare quel seme di Vangelo nella famiglia, sul luogo di lavoro, negli studi, nelle relazioni sociali. Non serve un vocabolario mistico complicato, ma semplicemente “pregare il padrone della messe”. Il pontefice insiste sulla relazione con Dio come fondamento.
In tempo di subbuglio mondiale, Leone XIV ha lanciato un appello forte: la pace non è un’utopia vana, è un’urgenza. Ha espresso dolore per le vittime dell’alluvione in Texas e si è rivolto ai governanti affinché scelgano il dialogo e non la violenza delle armi. Un richiamo che vale come risposta a chi pensa che la Chiesa sia solo predicazione senza presa reale sui fatti.
L’attesa, la realtà e un futuro possibile
Il passaggio del Papa nella cittadina dei Castelli Romani sia un’onda rigeneratrice per Castel Gandolfo e per chi si ritrova lì. Tra un tè con il sindaco e una chiacchierata con il parroco biker, tra una visita alle scuole e un tuffo rigenerante in piscina, Leone XIV riprende un filo storico, interrompendolo con un’idea semplice: è bello fermarsi, guardarsi dentro, respirare e poi tornare più forti.
Tutto questo in un’estate che non sarà solo di pace – perché sono tante le sfide – ma di consapevolezza