Mercoledì 11 giugno 2025, Piazza San Pietro si è riempita di oltre quarantamila fedeli e pellegrini da tutto il mondo. Non era una semplice cerimonia, ma un messaggio netto, senza fronzoli, diretto a chi rifiuta la rassegnazione. Papa Leone XIV ha preso per mano tutti, invitandoli a guardare dritto negli occhi la realtà più dura eppure più vera: quel grido che nasce dalla sofferenza, dal dolore, dalla solitudine, e che può trasformarsi in riscatto.
Bartimeo: il mendicante che vede oltre la cecità
Al centro della riflessione di Leone XIV c’è Bartimeo, un mendicante che vale più di mille prediche. Non è solo un cieco, ma un uomo fermo mentre tutto intorno corre, un grido disperato che non si rassegna all’ombra. Gerico, la città “sotto il livello del mare”, non è scelta a caso: simbolo di inferno e risalita, prova che non esiste abisso da cui non si possa emergere con la fede.
Bartimeo, “figlio di Timeo”, tradisce un destino di gloria svanita. Un invisibile in mezzo alla folla, ma il suo grido – “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!” – è diventato preghiera universale, scudo e richiamo: mai mollare, mai smettere di gridare.
Il mantello di Bartimeo non è un semplice vestito: è casa, protezione, sicurezza. Buttare via il mantello significa spogliarsi delle nostre false sicurezze, affrontare la paura, lasciare la zona di comfort. Quanti di noi si tengono stretti quei “mantelli” invisibili fatti di abitudini e paure? Leone XIV non ci gira intorno: la guarigione passa dalla vulnerabilità, dal coraggio di lasciare andare.
La domanda di Gesù: “Che vuoi che io faccia per te?”
Gesù non è frettoloso, non dà nulla per scontato. Chiede a Bartimeo cosa vuole, e il verbo usato (anablepein) è un colpo da maestro: non solo “vedere di nuovo”, ma alzare lo sguardo. Ribaltare la prospettiva, scrollarsi di dosso la rassegnazione, ritrovare dignità e speranza. Un invito per tutti noi a rialzare la testa, perché la dignità non si regala, si riconquista.
La catechesi in una formula: continua a gridare. Bartimeo ha la voce rotta, è emarginato, ma ha l’energia per farsi sentire. E Gesù si ferma. Nessun grido è mai sprecato con Dio. Un invito a non lamentarsi, ma a scoprire le forze nascoste dentro di noi. La fede è ciò che salva, la chiave per camminare liberi.
i saluti durante l’udienza generale
Non solo spiritualità: Leone XIV si rivolge anche ai dottori commercialisti e agli esperti contabili, sfidandoli a mettere l’etica al centro. “Non si tratta solo di numeri, ma di vite.” Una lezione netta: la giustizia economica è fede, non furbizia da tempo perso. Responsabilità, integrità, trasparenza. Niente scuse, niente scorciatoie.
In piazza anche trentadue ragazzi da Kharkiv, martoriata dalla guerra, con il ricordo vivo di Maria, una bimba morta nel bombardamento. Una presenza che parla più di mille discorsi: dolore e speranza intrecciati. Una lezione di cristianesimo autentico, che si fa vicinanza ai più piccoli, ai più fragili.
L’udienza si è tinta di dolore per la sparatoria nella scuola di Graz: undici vittime, tanti feriti. Leone XIV ha parlato chiaro, senza giri di parole, con una preghiera per le vittime e un abbraccio alle famiglie. Il dolore non si può ignorare.
L’eco del Giubileo dello Sport e un saluto ai presenti
Tra i presenti, l’ex calciatore Cafu, simbolo di uno sport che Papa Leone XIV vuole celebrare come scuola di etica e responsabilità, come diplomazia della pace. Un richiamo a rialzarsi, a camminare nonostante le sconfitte, proprio come Bartimeo.
Nel segno di un impegno globale, Leone XIV, prima dell’Udienza, aveva incontrato António Guterres per parlare di pace e stabilità in un mondo sempre più diviso. La Santa Sede si fa portavoce di un dialogo necessario, non solo parola vuota.
Il Papa ha concluso con un richiamo forte alla prossima solennità della Santissima Trinità: solo nell’Amore divino si trova la forza per camminare a testa alta, anche nelle tenebre più fitte. Buttare via il mantello, alzare lo sguardo, camminare con dignità e coraggio. La fede è radice di libertà, quella vera, che nessuno può togliere.
E se Roma non si svuota, è perché l’eco del grido di Bartimeo attraversa le parole del Pontefice: non c’è grido che Dio non ascolti.