Quasi una predica. La rubrica di don Attilio
Maniche rimboccate, anime sveglie
C’è un uomo, al centro della scena, che cammina a testa bassa e braccio teso. Non lancia insulti, né sondaggi, ma semi. È “Il Seminatore” di Millet, e sembra uscito da un’altra epoca. Eppure, se oggi camminasse per Piazza San Pietro, Papa Leone XIV gli darebbe una pacca sulla spalla e gli direbbe: «Avanti così, fratello».
Perché in un mondo che si vanta di “restare fermo per riflettere” (ma poi non si alza mai), Leone XIV osa la bestemmia più grande: il lavoro. Quello interiore, quotidiano, silenzioso. Il Papa non chiede di marciare, ma di seminare. Non cerca influencer, ma operai della vigna. Un cristianesimo con i calli alle mani, non coi filtri di Instagram.
«Non aspettate!» ha detto ai giovani. Che non è solo un invito: è una frustata. Perché oggi aspettiamo sempre. Il lavoro giusto, la relazione giusta, il momento giusto. Intanto, la vita passa. E la vigna resta vuota.
Ma Leone XIV non predica il moralismo, né rievoca un Medioevo dorato. Ha capito una cosa semplice: l’uomo ha sete. Di senso, di radici, di un Dio che non sia solo un’emoji da usare quando ci va bene il colloquio.
E allora sì, guardando quel contadino di Millet, uno capisce che questo pontificato è un gesto semplice ma rivoluzionario: buttare semi, senza sapere se attecchiranno. Perché la speranza non è una posa, è un’azione.
E mentre il mondo aspetta di capire da che parte stare, Leone XIV lo sa già: sta dalla parte di chi si rimbocca le maniche. E lo fa anche se non sa se vedrà il raccolto.
La catechesi dell’Udienza Generale del 4 Giugno 2025 di Papa Leone XIV