in Famiglia e Vita, Papa Leone XIV

Famiglia, fede e fuffa: Papa Leone XIV predica, ma chi ascolta davvero?

Ogni tanto, nel bailamme del mondo moderno, ci vuole una voce chiara. E quella, piaccia o no, è arrivata da Papa Leone XIV. Al Seminario “Evangelizzare con le famiglie di oggi e di domani”, il Pontefice ha lanciato un appello limpido: “Basta violenza contro inermi, bambini e famiglie”. Parole nobili, profonde. Ma poi? Poi si apre la porta e ci si scontra con la realtà. Una società che sbandiera la tolleranza a comando e allo stesso tempo affonda nel caos, nella violenza e nell’ipocrisia più raffinata. Un teatrino dove tutti fingono, e nessuno recita per davvero.

La Chiesa non è nata ieri, e sa bene che la famiglia è il primo mattone di qualsiasi costruzione sociale degna di questo nome. Ma nella giungla di oggi, quante famiglie si sentono davvero comprese, sostenute? Leone XIV è schietto – serve tornare ad essere “pescatori di famiglie”. Tradotto dal vaticanese: rimboccarsi le maniche e ricostruire ciò che è stato lasciato andare alla deriva. Giusto. Ma con chi? Con una generazione cresciuta a pane e TikTok, dove la parola “sacrificio” suona come una bestemmia in chiesa?

Il Papa insiste: servono esempi veri, famiglie che vivano la grazia del matrimonio come vocazione. Intenzioni splendide, ma intanto il matrimonio è stato ridotto a opzione B. O C. La convivenza è la regola, la fedeltà un’utopia, e il matrimonio religioso un ricordo di nonni. Non è colpa della Chiesa, ma nemmeno basta una predica per cambiare il copione che la società ha già riscritto.

Nel suo discorso, Leone XIV tocca un nervo scoperto: la “privatizzazione della fede”. Una religione da salotto, da cerimonie, da “vedo e non vedo”. Il Papa mette il dito nella piaga: la fede non è decorazione, è carne e sangue. Ma se in chiesa ci si va solo per i battesimi e le comunioni con catering, allora è evidente che qualcosa si è perso. Altro che peccato: siamo alla paralisi spirituale.

La chiamata all’azione vale anche per i laici, non solo per i vescovi. “Pescatori” tutti, ognuno con la sua barchetta sgangherata nel mare in tempesta. Facile a dirsi, meno a farsi. Perché tra mutui, figli, stress, e lo spettacolo deprimente della cronaca quotidiana, trovare la forza di evangelizzare è quasi eroico. Ma il Papa insiste, e forse ha ragione: senza esempi vivi, la fede resta carta.

La chiusura del suo messaggio è un appello alla speranza. Cammini di comunione, famiglie che aiutano altre famiglie. Utopia? Forse. Ma anche l’utopia, ogni tanto, serve per svegliare chi dorme in piedi. Perché se è vero che “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e per sempre”, allora forse siamo noi ad aver cambiato canale.

Morale della favola: le buone intenzioni abbondano, ma non bastano. La Chiesa parla, ma chi ascolta davvero? E chi agisce? Perché in fin dei conti, come dice il proverbio (che Feltri approverebbe): la strada per l’inferno è sempre lastricata di buone intenzioni. Ora serve altro: verità, coraggio e – sì – un po’ di fede vissuta sul serio, senza fronzoli e senza finzioni.

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