in Omelie, Papa Leone XIV

Davanti al mondo, Leone XIV incita all’amore. Ma sarà davvero possibile?

Oggi, 18 maggio 2025, è un giorno che rimarrà impresso nella storia della Chiesa cattolica e, se tutto va per il verso giusto, anche in quella dell’umanità. Papa Leone XIV, con la sua omelia inaugurale tenuta in una Piazza San Pietro traboccante di fedeli, ha messo in chiaro che il suo pontificato sarà tutt’altro che timido. Circa 200.000 persone hanno respirato un’atmosfera che sembrava oscillare tra la venerazione e la speranza di qualcosa di nuovo. Un intreccio di emozioni palpabili si è diffuso tra gli astanti, come una corrente elettrica senza dispersori. Una scena da kolossal, più che da sacrestia.

“Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello”, ha proclamato Leone XIV, con una modestia che sembra vera se paragonata alla solita retorica ecclesiastica. Queste parole, riportate da LaPresse, segnano un primo passo verso un papato che promette di abbracciare il dialogo più che la dottrina. E non è una differenza da poco, anzi: è tutta la differenza del mondo. Speriamo solo che l’entusiasmo non finisca nel dimenticatoio dei buoni propositi, come le diete il 3 gennaio.

La cerimonia è scivolata tra riti solenni e momenti di intensa spiritualità. Tuttavia, non sono mancate le punte di precisione politica. La presenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky sembra più che una semplice coincidenza. Leone XIV ha sfruttato l’occasione per riaffermare l’importanza di una “pace giusta e duratura” in Ucraina, un eco non troppo velato alle tensioni che squassano l’Europa dell’Est. Questo incontro, insieme alle dichiarazioni sulla crisi a Gaza, posiziona il nuovo Papa come una figura che non solo predica l’amore universale, ma cerca anche di praticarlo, tuffandosi a piè pari nel caos geopolitico. Speriamo solo che non finisca per fare la fine di Don Quijote. La Chiesa non ha bisogno di nuovi santi sognatori, ma di strateghi con i piedi per terra e la testa fra le nuvole, possibilmente senza caderci dentro.

Nel suo discorso, Leone XIV ha affrontato i grandi temi del nostro tempo, come l’odio, la violenza, i pregiudizi. Ha affermato di voler offrire “l’amore di Dio” a tutti, compresi coloro che sono nel bel mezzo di un cammino di ricerca spirituale, senza perdersi in troppi distinguo. ANSA ha sottolineato come il Papa, pur con parole nuove, non abbia intenzione di stravolgere il lavoro del suo predecessore, Francesco, un pontefice che aveva già aperto la strada verso un dialogo interreligioso. Insomma, innovare sì, ma con il freno a mano tirato. E con l’occhio attento ai salotti teologici, che sono più pettegoli di quelli televisivi.

Leone XIV, con un’esclamazione quasi teatrale, ha detto: “Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore!”. Un invito semplice e potente che ha acceso gli animi dei convenuti. Durante il Regina Caeli, la sua richiesta è stata univoca: pregare per chi soffre a causa di guerre e conflitti. Parole che pesano come macigni in un contesto mondiale lacerato da faide e incomprensioni, dove la speranza appare spesso un miraggio. E se è vero che la fede sposta le montagne, qui servirà almeno una ruspa celeste.

Le reazioni dei fedeli in Piazza San Pietro non si sono fatte attendere. “Un’emozione fortissima”, ha dichiarato uno di loro, mentre un altro ha raccontato di aver percepito un contatto diretto con il Pontefice, una sorta di connessione spirituale che trascendeva il visibile e il tangibile. È il potere dell’eloquenza, o forse qualcosa di più profondo, che ha fatto breccia in cuori assetati di certezza in tempi di incertezza. Ma non dimentichiamolo: l’entusiasmo del primo giorno non fa primavera. Neanche nel Vaticano.

Il nuovo Papa si profila dunque come un attore di primo piano, non solo nelle faccende di fede, ma anche sul palcoscenico internazionale. Le sue affermazioni sulla “martoriata Ucraina” e la situazione a Gaza suggeriscono un desiderio di interazione e di mediazione che va oltre le mura del Vaticano. Leone XIV dimostra di avere la stoffa del diplomatico, oltre che del pastore. La domanda è: riuscirà a tenere fede a queste promesse, o finirà per cadere nei meandri delle buone intenzioni? Perché si sa, l’inferno – anche quello diplomatico – è lastricato proprio di quelle.

Il pontificato di Leone XIV inizia sotto il segno dell’amore e dell’unità, due concetti tanto nobili quanto difficili da realizzare. La Chiesa è chiamata a rispondere alle sfide senza fuggire nel passato, ma ancorandosi saldamente al presente per plasmare un futuro migliore. Ci vorrà una fede incrollabile e una pazienza immensa per vedere se queste parole saranno più che un mero eco, se diventeranno azioni concrete. E magari, chissà, anche miracoli laici, se non proprio santi.

Leone XIV si trova davanti a un bivio. Potrebbe essere il Papa che cambia il destino della Chiesa per secoli a venire, o rischiare di restare un’illustre meteora nel firmamento ecclesiastico. Noi, intanto, gli auguriamo buon viaggio. Sarà un cammino costellato di sfide e di promesse, e forse, con un po’ di fortuna e molto coraggio, anche di qualche successo. O almeno, di qualche passo falso elegante, come si addice ai veri protagonisti della storia.

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