Roma, 8 maggio 2025. Dalla Piazza San Pietro trabocca un sole di primavera, un cielo così limpido da non sembrare vero. Tra la folla si agita un mormorio, un’aspettativa che vibra come elettricità nell’aria. E lì, davanti a tutti, ecco Leone XIV, nuovo Vescovo di Roma. Un altro tempo, tempi nuovi, profumo di cambiamento. Ma non per rompere col passato, sia chiaro. Lo stesso nome scelto dal nuovo Pontefice, Leone XIV, è un eco potente: chiaro come lo squillo di una tromba per chiunque abbia orecchie per intendere.
Leone XIII, datato 1891, ebbe il coraggio di dire che “il lavoro non è una merce” e “la giustizia non è un’utopia”. 134 anni dopo, il nostro Leone XIV porta avanti il testimone di queste visionarie affermazioni, ma con uno sguardo all’oggi. Oggi, in questo nostro tempo, dove l’umanità sembra più una massa che una comunità, il Papa se ne fa un cruccio: “Qual è il nostro modello di relazioni? Perché la società è diventata così superficiale e instabile?” chiede. E poi, non poteva essere altrimenti, aggiunge: “Quanto bisogno abbiamo di recuperare il senso del mistero…”
A parole, si sente tutta la voglia di affermare la dignità dell’uomo, quello spirito leonino, il Leone XIII di ieri e il XIV di oggi. È il ruggito di chi non si fa imbambolare dalle facili retoriche, ma sa che l’umanità, a capo chino, non vale un centesimo. Una crisi di identità – economica, culturale, spirituale – ecco l’urlo nelle orecchie del Papa.
Certo, la tecnologia è un mare in cui tutti nuotano. Mons. Mario Toso, con una nota di praticità s’è fatto sentire: “Non demonizzare la tecnologia, ma orientarla al bene comune”. Una formula, sì, ma che pesa come un macigno. La nuova questione sociale, secondo lui, è l’intelligenza artificiale. La giostra moderna, il tiro allo schiavo digitale… Leone XIV guarda con occhi attenti, già lo vediamo, pensa oltre, vuol dare indicazioni forti: “Non farti dominare, governa!” Sembra dire, come fosse un saggio di montagna che gli anni gli hanno regalato il dono di veder oltre il solito.
Per uno che è stato missionario in Perù, come non capire l’importanza della giustizia sociale e di quella che chiama “ecologia integrale”? L’Amazzonia l’ha vista coi suoi occhi, il ponte tra Nord e Sud non è mai facile, ma si tenta, si osa. Non è un poeta da sottobosco, Leone, no: lui sa che chi semina vento raccoglie tempesta, e il clima non fa sconti.
E mentre tutto questo accade, spicca la storia di un ex parrocchiano, David Carranza. Qui si tocca la carne, la pelle, la vita di un tempo. Roberto Francis Prevost (per gli amici di Trujillo, diventato oggi Leone XIV) era “un pastore autentico”, non solo parole, ma vite cambiate, gente a cui ha dato speranza. Carranza racconta di giovani anime, di famiglie trasformate, e non vi è retorica in quelle parole, solo la realtà nuda e cruda.
Il profumo della Madonna di Fatima, coincidenze temporalmente perfette, rende il tutto più spiritualmente denso. È un segnale? Un inciampo della Provvidenza? Nessuno lo sa con certezza, ma quel giorno dell’elezione, in Piazza San Pietro, le coincidenze sembravano troppe per passare inosservate.
Leone XIV non è un venditore di fumo, è uno che tira diritto con un’idea fissa in testa: mettere l’uomo al centro, nel vero senso della parola, non come argomento da conferenza. Un richiamo alla vera missione della Chiesa. Niente poco di meno.
Come un vino rosso forte a stomaco vuoto, lascia il segno. Resta da vedere, però, se la storia avrà la pazienza di aspettare. Intanto, Leone XIV porta avanti il dialogo, la lotta, la fatica di una Chiesa che non vuole restare indietro, ma farsi trovare là dove davvero serve. È un uomo di fede, di mondo e di parole che diventano fatti. Non resta che tenere la sedia e guardare dove ci condurrà questo cammino.
Mons. Toso e la giustizia sociale
Fatima e Leone XIV
La vita pastorale di Leone XIV