Papa Leone XIV: “Mai più la guerra”. Ma chi lo ascolta?

Papa nuovo, problemi vecchi. Leone XIV si è affacciato l’11 maggio a Piazza San Pietro per un Regina Coeli che ha attirato centomila anime. Una folla degna di una finale di Champions, ma stavolta niente pallone: solo una frase chiara come una lama — “Mai più la guerra!”. Parole forti, applausi, commozione. Ma, diciamocelo: chi ha davvero orecchie per ascoltare? L’Ucraina continua a esplodere, Gaza è ridotta in macerie, e le cancellerie occidentali sono troppo occupate a decidere che toni usare nei comunicati stampa.

Il nuovo Papa non si fa pregare: cita Papa Francesco, tira fuori la “terza guerra mondiale a pezzi” e punta il dito contro il mosaico di conflitti che ci circonda. Giustissimo, per carità. Ma i potenti della Terra, quelli che dovrebbero raccogliere l’invito, erano forse in piazza? No. Troppo impegnati a farsi i selfie al G7 o a parlare di missili intelligenti. È la solita storia: parole alte, destini bassi.

Non è finita. Sempre, l’11 maggio, poche ore prima dell’affaccio in Piazza, Leone XIV si è raccolto in preghiera nelle Grotte Vaticane, presso la tomba di San Pietro. Un gesto che sa di rituale, ma anche di consapevolezza: qui si entra in un’istituzione che ha 2000 anni sul groppone, e ogni passo pesa. Altro che insediamenti moderni. Qui si respira storia, e anche un po’ di polvere, quella che spesso copre le verità scomode.

Il giorno prima, Sabato 10 maggio, tour de force mariano: visita a Genazzano, accolto come una rockstar, alla Madonna del Buon Consiglio, poi dritto a Santa Maria Maggiore. Pubblico in delirio, bambini in festa, non mancava nulla. Ma guai a confondere la fede con lo show. Il rischio è quello di trasformare la spiritualità in un evento social, con like e flash al posto di riflessione e responsabilità. Leone XIV sembra saperlo, e infatti tra una stretta di mano e un sorriso ben piazzato, ha mantenuto il tono giusto: sobrio, ma presente. Ha parlato, sì, ma senza vendere sogni. E in tempi di illusionisti da talk show, è già tanto.

Ai giovani, oggi 11 maggio, durante il Regina Coeli, ha lanciato un invito serio, ricordando che ricorre la Giornata Mondiale delle Vocazioni. Parole sottintese. Eppure, oggi, parlare ai giovani è come bussare a una porta murata. Cercano autenticità, non formule. E mentre molti scappano da una società che li consuma, trovare qualcuno disposto a rispondere alla chiamata del Vangelo pare impresa eroica. Ma il Papa non si scoraggia. Insiste. E questo, almeno, è un segnale.

Il clou, comunque, resta l’appello alla pace. “Un miracolo” lo ha definito. Perché ormai serve quello: un miracolo. Nessuno si illude più che basti un discorso a cambiare le cose. Ma almeno c’è una voce che ancora si alza e parla di riconciliazione. Purtroppo, nel mondo di oggi, è più facile trovare chi soffi sul fuoco che chi getti acqua. Leone XIV, invece, ci prova. Non urla, ma si fa sentire. E già questo lo distingue in mezzo al rumore di fondo.

Il suo stile? Tradizione con qualche graffio. Nessuna rivoluzione, ma neanche immobilismo. La sua forza sembra stare proprio lì: nella capacità di coniugare passato e futuro, senza inciampare nel déjà-vu. Il rischio, lo sappiamo, è che tutto venga inghiottito nel solito pantano vaticano, tra resistenze, beghe curiali e sussurri da sacrestia. Ma il Papa non pare tipo da farsi intimidire. Ha il passo di chi è abituato al contatto col popolo, e la schiena diritta di chi ha passato anni in terre difficili, non dietro una scrivania in marmo.

Sarà davvero l’inizio di una svolta o l’ennesimo giro di giostra? Chi può dirlo. Ma almeno oggi c’è un Papa che, nel caos generale, non si limita ai buoni propositi, ma chiama per nome i problemi. Che guarda al domani senza farsi accecare dalla nostalgia. E che, sotto la mitra, pare avere una testa pensante.

Il tempo, si sa, è giudice severo. Ma se il buongiorno si vede dal mattino, questo pontificato non parte certo col piede sbagliato. Sarà duro, certo. Ma Leone XIV ha già mostrato di non voler essere solo il custode delle chiavi, bensì il costruttore di un ponte. E se la Chiesa avrà il coraggio di seguirlo, magari tra qualche anno potremo dire che da queste giornate di maggio è nato qualcosa di più di un applauso.