in Famiglia e Vita, Omelie, Papa Leone XIV

Leone XIV scuote Piazza San Pietro: “Il matrimonio è il canone del vero amore”

Durante il Giubileo delle Famiglie, Leone XIV richiama con parole nette la centralità del matrimonio e il ruolo fondante della famiglia. Una lezione pastorale dal tono fermo, che invita a riscoprire ciò che è essenziale.

Papa Leone XIV ha fatto ciò che ogni buon pastore dovrebbe fare: ha parlato chiaro e tondo. Durante il Giubileo delle Famiglie in Piazza San Pietro, ha tenuto un discorso che è sembrato un misto tra un caldo abbraccio e uno schiaffo ben assestato. E, diciamocelo, di questi tempi servono entrambi.

Parole semplici, dirette, affilate come lame: il matrimonio, secondo il Pontefice, non è un’illusione da rotocalco o un’appendice romantica da serie TV. È molto di più. È – parole sue – il *”canone del vero amore tra uomo e donna”*. Roba forte, che oggi suona quasi rivoluzionaria.

Ironico che debba essere un ecclesiastico a ricordare al mondo un’ovvietà: l’amore, quello vero, è totalizzante, fedele, fecondo. Ma nel 2025, persino l’ovvio ha bisogno di un palcoscenico mondiale. Leone XIV, che ha il mestiere del comunicatore, sa quando alzare la voce e quando abbassarla per far arrivare il messaggio. E il suo invito è limpido: la famiglia come antidoto al caos. La libertà? Non pretesto per svicolare dai legami, ma strumento per donarli. Le sue parole non si prestano a interpretazioni tiepide.

Quando il Papa dice che “dalle famiglie viene generato il futuro dei popoli”, non sta facendo poesia. Sta infilando un’ascia nella corteccia spessa del pensiero dominante, che riduce la famiglia a scelta individuale, accessoria, quasi facoltativa. Ma la società – bene o male – è ancora frutto di quei legami antichi come il mondo. E Leone XIV non lesina: serve unità, ma non uniformità. Serve comunione, quella vera, “fondata sull’amore stesso con cui Dio ama”.

Ovviamente, qualcuno storcerà il naso. E meno male: un discorso che non fa discutere, oggi, è un discorso morto. Ma quando invita i genitori a essere “esempi di coerenza”, Leone XIV non tuona, ricorda. “Comportatevi come volete che loro si comportino”: semplice, netto, inappellabile.

E non dimentica nessuno: i nonni, troppo spesso relegati ai margini, vengono rivendicati con forza come “modello genuino di fede e ispirazione”. Non come zavorra, ma come custodi di saggezza, sentinelle silenziose di ciò che resiste. Una lezione che, nella frenesia moderna, vale oro.

Poi il Pontefice alza lo sguardo e cita famiglie sante: Louis e Zélie Martin, Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, la famiglia Ulma. Non come casi isolati, ma come segno che la santità si può vivere dentro le mura domestiche. Un concetto che spazza via l’idea che la fede sia riserva per asceti o mistici.

Sul finale, arriva il colpo più profondo. “Cristo domanda che siamo una sola cosa”, dice. Non una massa indistinta, ma un corpo unito nell’amore. Un antidoto diretto ai venti di divisione che soffiano forte – fuori e dentro la Chiesa.

Non è mancata, tra l’altro, una nota di umanità: Leone XIV, in occasione del compleanno del priore generale degli Agostiniani, Alejandro Moral Antón, ha confessato: “Sto ancora imparando come posso organizzare le cose”. Una battuta, ma anche un segnale: il Papa è un uomo tra gli uomini, con l’agenda piena e la testa salda.

Nel complesso, l’omelia è stata più che un discorso: una cartina tornasole del pontificato. Un richiamo forte – e fuori moda – a non lasciar affondare il matrimonio e la famiglia nel mare del relativismo. Con buona pace di chi preferisce un mondo fluido e senza radici, Leone XIV ci ricorda che l’amore – sì, proprio lui – è ancora la risposta. Che piaccia o no.

 

Fonti: