in Curia Romana, Papa Leone XIV

Vincenzo Paglia via, arriva Reina: rivoluzione silenziosa nei sacri palazzi?

Nel polverone del Vaticano, i monsignori si muovono come pezzi di dama su un tavolo inclinato: qualcuno avanza, qualcun altro sparisce come l’ultimo ostensorio durante l’inventario. È la sorte toccata all’arcivescovo Vincenzo Paglia, volto noto nei sacri palazzi e anche fuori, uno di quelli che, se non sai chi è, è solo perché non hai mai messo piede in una sacrestia di Roma.

Tra saloni ovattati e corridoi infiniti, i pettegolezzi viaggiano più rapidi dei comunicati stampa. E c’è chi, dietro a certe persiane ecclesiastiche, si fa una risatina sommessa — ché ridere in Vaticano, si sa, è peccato solo se lo fai troppo forte.

Monsignor Paglia ha spento ottanta candeline il 21 aprile, giorno fatidico non solo per lui ma per l’intera Chiesa cattolica. Coincidenza (o segno dei tempi?): proprio quel giorno Papa Francesco ha lasciato questa terra. Ed ecco servita su un piatto d’argento la sede vacante. E qui, come direbbe il barista del Gianicolo: “Ahò, e mo’ se ricomincia!”. Perché quando si libera il trono di Pietro, saltano tutte le poltrone — anche quelle imbottite di curriculum e devozione. Non è un licenziamento, sussurrano in tanti, è il regolamento di gioco. Ma quel retrogusto di “ti levi, ché adesso comando io”, resta.

Il cardinale Baldassarre Reina prende il posto di Paglia alla guida del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II: un cambio che fa rumore, più dei tacchi rossi in una navata silenziosa. C’è chi, col tono da confessionale, insinua che Leone XIV — il Papa fresco di nomina — voglia imprimere una linea più dura, meno aperta al “volemose bene” ecclesiale. Insomma, stop al family day globale, largo alla famiglia canonica, e chi non ci rientra, si accomodi in sagrestia.

Altri, con l’aria di chi sa ma non dice, mormorano di manovre e simpatie sant’egidiane durante il conclave. Ma si sa: il gossip vaticano è un’invenzione vecchia quanto l’incenso e più resistente della cera sui candelabri.

Leone XIV, neanche il tempo di assestarsi sul trono, e già via con la scopa nuova: dentro Renzo Pegoraro alla Pontificia Accademia per la Vita. Qui non si parla di ripiego, ma di uno che ha il curriculum lungo come un’enciclica doppia. Medico, teologo, bioeticista: uno che ti parla di cellule staminali mentre ti benedice la coscienza. Un segnale chiaro: avanti tutta con la scienza, ma benedetta.

Paglia, nel frattempo, si avvia verso il suo crepuscolo da pensionato illustre. La sala stampa tace, La Stampa invece lo ospita. L’interessato ci tiene a precisare: ha compiuto 80 anni, e quindi, regolamento alla mano, si fa un passo di lato. Niente pugnalate, niente scomuniche — solo un arrivederci in pantofole. A 80 anni, si sa, il Vangelo ti consola, ma il calendario ti scarica.

Eppure, nel bel mezzo del silenzio, Paglia vola in Argentina e torna a farsi sentire. All’Università Cattolica di Buenos Aires tiene una lezione che sembra un manifesto: la bioetica come dialogo globale, un ponte tra le culture, un discorso alto che, in Vaticano, a volte pare parlare in falsetto. Insomma, l’arcivescovo non ha perso lo smalto, né la voglia di dire la sua. Con buona pace di chi sperava in un suo ritiro in convento e sudoku.

Nel frattempo, i segnali da Leone XIV sono chiari come un’omelia d’Avvento: vuole ordine, disciplina e riforme — ma in talare. Il punto è: sarà aria nuova o solo incenso con etichetta diversa? Ai posteri l’ardua sentenza. Per ora, ci resta questo sipario tra liturgia e strategia, dove i vecchi leoni ruggiscono piano e i nuovi agnelli devono imparare in fretta a non farsi sbranare.

Perché in fondo, in Vaticano, non è mai solo questione di teologia. È questione di stile, di nervi, e, a volte, di saper uscire di scena con la dignità di chi sa che l’ultima parola, pure in Chiesa, non è sempre “Amen”.