in Discorsi, Papa Leone XIV

Papa Leone XIV e il calcio: Il Napoli nello spogliatoio del Vaticano

Roma, 27 maggio 2025. Metti insieme un Papa e una squadra campione di calcio, due mondi che sembrano distanti quanto Roma e Napoli, e il risultato è un incontro di quelli che non si dimenticano. Nella sontuosa Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, l’aria è frizzante. Si respira l’odore della vittoria, quella del Napoli su tutti, ma anche qualcosa di più. Qui, oggi, non si parla solo di calcio.

L’udienza prende il via con il Pontefice, Papa Leone XIV, che dimostra subito di saper gestire i tempi comici da maestro. “Forse non volevano applaudire perché nella stampa si dice che io sono romanista…“, butta lì, tra lo scherzo e la stoccata. La delegazione napoletana, guidata dal presidente Aurelio De Laurentiis e dall’allenatore Antonio Conte, scoppia in una risata liberatoria. Gli azzurri hanno portato in dono al Papa una maglia con il suo nome, “Papa Leone XIV”, e il numero 10, firmata da tutti i giocatori. Un tributo che mescola sport e spiritualità, un po’ come vedere Maradona che palleggia in paradiso.

Passati i convenevoli, il Papa entra nel vivo con un discorso in cui invita a riflettere sul significato della vittoria. “Vincere il campionato è un traguardo che si raggiunge al termine di un lungo percorso”, sottolinea, “dove ciò che conta di più non è l’exploit di una volta o la prestazione straordinaria di un campione. Il campionato lo vince la squadra”. Qui il Papa si fa allenatore d’anime: da solo non vinci, sembra dire, e il calcio diventa metafora della vita.

La riflessione si fa più profonda quando il discorso vira sui pericoli del “business sportivo”. “Purtroppo, quando lo sport diventa business, rischia di perdere i valori che lo rendono educativo”, avverte. Parole che pesano come un cartellino rosso a chi scorda l’etica per inseguire il guadagno facile. Il messaggio è chiaro: lo sport dovrebbe educare, non avvelenare. Un invito ai genitori e ai dirigenti a vigilare sull’integrità dei giovani atleti, un po’ come un arbitro che guarda il VAR.

Ma Leone XIV non si dimentica del tocco umano. Saluta la delegazione con un messaggio affettuoso dalla sua cuoca napoletana, Rosa. “Complimenti anche da una signora che in questi giorni sta facendo da mangiare per me”, confida, colorando l’incontro con un pizzico di calore partenopeo. È il sapore della tradizione che si intreccia con una modernità fatta di connessioni e socialità. Un Papa che sa di casa e di campo, con la stessa naturalezza.

A leggere le cronache online, dai toni leggeri a quelli più seriosi, emerge un ritratto multicolore di questa udienza. Vatican News esalta il valore sociale del calcio, mentre *Il Messaggero* e *Corriere.it* evidenziano l’appello papale a non snaturare lo sport con l’ossessione del profitto. La critica è sottile ma netta, come un’eco che continua a rimbombare anche dopo che l’incontro è terminato.

Alla fine, la giornata di festa è anche un promemoria. Un’occasione per riconoscere che la vera vittoria non sta nei trofei sbandierati, ma nei legami che si costruiscono. Un invito, tra le righe, a riscoprire il valore della comunità, che è poi quello che il Vangelo ci insegna. Un modo per dire che, almeno oggi, la partita tra sacro e profano è finita con un pareggio che fa bene all’anima e riempie il cuore di speranza vera.

Oggi, nel cuore del Vaticano, si è giocata una sfida che va oltre il campo da calcio, un match che richiede di educare, formare e unire. E per chi ha orecchie per intendere, questo è l’unico vero risultato che conta.

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